Marco Mescolini, che aveva guidato l’indagine e il processo Aemilia alla ‘ndrangheta in regione, fu allontanato da Reggio Emilia nel 2021 perché accusato di avere perso credibilità e favorito una parte politica. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato quel provvedimento, il Consiglio Superiore della Magistratura completa le audizioni ed emerge una storia ben diversa.
Il 17 settembre 2020 al CSM arrivavano gli esposti firmati da quattro sostitute procuratrici di Reggio Emilia che segnalavano una presunta situazione di criticità negli uffici, dovuta alle scelte e ai comportamenti del procuratore Marco Mescolini, entrato in servizio nel 2018 mentre concludeva il proprio lavoro di pubblico ministero nel primo grado del processo Aemilia.
Da quegli esposti prese avvio l’iter che portò il CSM a decidere nel 2021 il trasferimento di Mescolini a Firenze, per incompatibilità ambientale negli uffici giudiziari dell’intera Emilia-Romagna.
Una macchia indelebile, contro la quale il procuratore che aveva smascherato e sconfitto la cosca Grande Aracri/Sarcone infiltrata nell’economia emiliana si è battuto strenuamente in questi anni. Ha presentato ricorso prima al Tar, che si è detto incompetente, e poi al Consiglio di Stato, che infine nel gennaio scorso ha annullato quella sentenza del CSM definendo “parziale e incompleta” l’istruttoria da cui aveva avuto origine.
Il Consiglio Superiore della Magistratura ne ha preso atto; in questi mesi ha svolto ulteriori approfondimenti e ascoltato due nuovi protagonisti di quella stagione, arrivando a conclusioni ben diverse da quelle di tre anni fa. Si tratta della presidente del Tribunale di Reggio Emilia, Cristina Beretti, e dell’attuale questore di Bologna, Antonio Sbordone, all’epoca dei fatti questore a Reggio Emilia.
I due hanno smontato l’impianto accusatorio con affermazioni semplici e inequivocabili che forse, se raccolte tre anni fa, avrebbero potuto evitare il lungo calvario al procuratore Mescolini.
Il CSM gli contestava, partendo dagli esposti delle sostitute procuratrici Pantani, Salvi, Chesi e Stignani, che “la pubblicazione delle chat con Luca Palamara” aveva creato “una situazione di generale malessere” negli uffici del Tribunale e non solo, visto che si parlava di “malcontento esploso all’indomani dell’insistente campagna mediatica che ha investito la Procura”.
Cristina Beretti ha dichiarato al contrario che la divulgazione di quelle chat, dalla propria percezione di persona profondamente a conoscenza del Tribunale, non aveva scandalizzato e soprattutto non aveva appannato in alcun modo la figura del procuratore. Non ha mai sentito lamentele dal personale amministrativo e neppure dai giudici, tanto che gli uni e gli altri erano andati a trovare Mescolini a Firenze dopo il trasferimento. Non è neppure vero secondo la presidente che Mescolini fosse spesso assente, tanto che nei mesi in cui dilagava il Covid, a partire da febbraio 2022, spesso si ritrovavano entrambi in ufficio in un Tribunale altrimenti deserto.
In sostanza, per Cristina Beretti non era venuta meno la considerazione della quale il dott. Mescolini godeva a Reggio Emilia, non essendovi stato alcun appannamento della sua figura di magistrato. Ci fu anzi a febbraio 2021 una lettera aperta sottoscritta dalla società civile, con almeno un centinaio di firmatari delle più svariate provenienze, addirittura anche con dipendenti della Procura e del Tribunale. Lettera di solidarietà al procuratore e di preoccupazione per il suo allontanamento, così come scritto anche in un’altra lettera pubblica firmata in quei giorni da CGIL CISL e UIL di Reggio e dell’Emilia-Romagna, che ricordiamo rappresentano oltre un milione di lavoratori e pensionati della regione.
Nessun appannamento, infine, sempre secondo Cristina Beretti, della stima e della fiducia nei confronti di Mescolini anche tra gli avvocati delle Camere Penali e tra i responsabili delle Forze dell’Ordine che lei incontrava molto spesso all’epoca.
“Tale ultima affermazione”, dice la prima commissione del CSM, “ha trovato piena conferma anche nella deposizione del dott. Antonio Sbordone, Questore di Reggio Emilia all’epoca dei fatti, il quale ha confermato di aver avuto ottimi rapporti con il dott. Mescolini negli anni in cui egli era a Reggio Emilia, aggiungendo che altrettanto era a dirsi quanto ai rapporti di Mescolini con i vertici locali delle altre forze di polizia giudiziaria. In particolare, parlando con il prefetto dell’epoca, non aveva mai registrato delle ripercussioni negative tra la società civile che riguardassero la persona del procuratore.”
Quanto poi alla presunta benevolenza verso gli esponenti del PD, la presidente Beretti ricorda che di questa accusa negli uffici del Tribunale si era parlato addirittura con indignazione e lei personalmente, che aveva da giudice esaminato tutti gli atti del processo Aemilia, mai l’aveva pensata.
Il Consiglio di Stato quattro mesi fa aveva ricordato che “solo quattro magistrati su nove della Procura avevano espresso critiche all’operato del Procuratore”. La Presidente Beretti aggiunge oggi nell’audizione al CSM che, quando seppero degli esposti, molti altri colleghi del Tribunale rimasero al contrario perplessi, non spiegandosi i motivi di quell’atteggiamento. “Ci siamo rimasti molto male”, conclude la presidente parlando al plurale.
Il CSM dunque, nella seduta in plenum del 15 maggio, prende atto di questa diversa lettura dei fatti, emersa grazie alla nuova istruttoria conseguente al pronunciamento del Consiglio di Stato, e archivia definitivamente il trasferimento d’ufficio deciso nel 2021.
“Non sono emersi in queste nuove audizioni elementi di criticità nei rapporti tra Mescolini e l’ambiente in cui operava”.
Di conseguenza il trasferimento d’ufficio viene archiviato.
Il procuratore recupera i titoli e i meriti acquisiti in carriera; recupera la propria dignità di magistrato nei confronti dell’opinione pubblica. Ma i tre anni passati in Purgatorio resteranno un ricordo indelebile.
Paolo Bonacini