CERCAFBTWITTERinstagramyoutube
CERCAFBTWITTERinstagramyoutube
testata spacer

Il danno e la beffa della falsa fatturazione. 21 milioni di finte spese per abbattere le tasse. Contributi dello Stato a fondo perduto e indennità di disoccupazione per uomini e donne di una organizzazione criminale internazionale con base in Emilia. Misure cautelari per i commercialisti che offrivano i propri servizi. I dettagli dell’operazione che ha portato alla denuncia di 109 persone da parte della Procura di Reggio Emilia.

 

Si chiama Minefield l’ultima operazione contro la criminalità organizzata messa a segno da Guardia di Finanza e Carabinieri a Reggio Emilia. L’amara morale, leggendo gli atti, è che ancora una volta a saltare per aria, in questo campo minato dai confini sempre più indefiniti, sono le regole del mercato, i diritti e i doveri, la dignità di chi lavora e fa impresa onestamente. Calpestati e sbeffeggiati da un’organizzazione a delinquere capace di generare soldi attraverso una miriade di società fasulle, che emettevano fatture per operazioni inventate generando un colossale patrimonio frutto di evasione fiscale. Con la beffa che le medesime società e i loro inventori, mentre praticavano le attività criminali, non mancavano di battere cassa dallo Stato ottenendo contributi a fondo perduto, sostegni economici e addirittura indennità di disoccupazione dall’INPS, piangendo miseria negli anni del Covid.

Centonove persone sono finite sotto indagine con 119 capi di imputazione. Trenta di loro risiedono in Emilia-Romagna, 21 in paesi esteri (Grecia, Bulgaria, Pakistan, Albania, Brasile, Egitto, Romania, Polonia, Svizzera, Germania, Marocco). Una cinquantina sono le persone sotto accusa originarie di Calabria, Puglia e Campagna. L’ennesima organizzazione internazionale con base a Reggio Emilia (15 gli indagati in provincia) e diramazioni in quattro continenti, che ha portato il giudice Luca Ramponi a emettere 15 misure cautelari rispondendo alle richieste della Procura guidata da Calogero Gaetano Paci. In carcere sono finiti i presunti capi dell’organizzazione: Leonardo Ranati, di 52 anni, e i fratelli Gionata e Samuel Lequoque, 46 e 39 anni, tutti e tre residenti in provincia di Reggio Emilia. Sono arrivati anche, secondo l’accusa, a schiaffeggiare in pubblico e a minacciare di morte nel comune di Scandiano l’uomo pagato per apparire come legale rappresentante di una loro società. Una “testa di legno” che si era accorta della emissione di fatture false per 376mila euro in un solo anno, il 2019, e aveva presentato denuncia ai Carabinieri del luogo: reato imperdonabile per i reali proprietari della cartiera. Dietro le sbarre anche Spyridon Lempesis, greco di 61 anni che gestiva per conto dei capi tre delle società fantasma, e Guido Cigni, 44enne originario di Como, che potrà usufruire degli arresti domiciliari solo se e quando verrà identificata una sua abitazione in territorio italiano. Agli arresti domiciliari sono già invece altre sette persone che secondo l’accusa lavoravano consapevolmente e a tempo pieno per l’organizzazione. Francesco Campaniello si occupava dei trasferimenti di denaro Italia/estero. Stefania Greco curava l’amministrazione e l’emissione di tutte le false fatture dalla propria scrivania di segretaria nella sede della società Passione Motori srl, in via Martiri di Cervarolo a Reggio Emilia, che rappresentava il centro di comando dell’organizzazione. Un salone, dice la pubblicità sui siti on line, “specializzato nel fornire ai suoi clienti auto esclusive, di lusso e sportive, offrendo la sicurezza e la qualità di un acquisto garantito”.

Giovanni Battista Moschella era il consigliere personale dei capi, che attivava prestiti economici nei momenti di difficoltà e si occupava dell’acquisto/rivendita esentasse di automobili di lusso dalla Germania. Giambattista Di Tinco era addetto alla ricerca dei “clienti”, da intendersi come imprenditori interessati a ricevere false fatture per abbattere gli utili e pagare meno tasse. Emilio Francesco Anastasio metteva a disposizione le quattro società del proprio nucleo famigliare per l’emissione delle false fatture. Federico Angelo Ciasullo si occupava della gestione amministrativa delle società cartiere. L’ultimo agli arresti domiciliari è Enrico Cavalli, prestanome e titolare di una delle società addette a sfornare le cosiddette FOI.

Il provvedimento del giudice dispone anche il sequestro di otto società: due con sede a Reggio Emilia, una a Modena, quattro in Bulgaria e una in Grecia.

Fatto nuovo e importante di questa operazione è che, forse per la prima volta, vengono indagati e sono soggetti a misure cautelari anche i liberi professionisti che mettevano a disposizione le proprie competenze nella gestione della falsa fatturazione. I commercialisti di Catanzaro Gianfranco Grande e Roberto Vecchioni per un anno non potranno esercitare la professione; l’imprenditore Pietro Penserini di Castelnovo Monti (RE), che riceveva le false fatture con la sua Universale srl risparmiando sul pagamento delle imposte, ha l’obbligo di dimora e per un anno non potrà svolgere funzioni direttive o attività d’impresa.

A quanto ammonta il giro d’affari messo in piedi dall’organizzazione criminale? Le otto società sequestrate e le altre coinvolte hanno emesso tra il 2017 e il 2021 1420 false fatture accertate: quasi una al giorno. Il valore complessivo è di circa 21 milioni di euro a fronte dei quali la Procura ha disposto un sequestro preventivo di beni degli indagati, per profitti illeciti, che ammonta a quasi otto milioni.

Allora, ci dividiamo sti cazzo di soldi?” dice Leonardo Ranati ai propri soci nel settembre 2020 all’interno della lussuosa sede di “Passione Motori”. Non sa di essere intercettato, anche se lo teme, e le forze dell’ordine non potrebbero sapere cosa il gruppo sta tramando se non li ascoltassero in diretta. A chi dice che il costo delle intercettazioni di polizia è troppo alto sarebbe bene ricordare quanto è alto il valore dei beni sottratti allo Stato e recuperati solo grazie alle intercettazioni. Il rapporto è almeno di uno a dieci in Italia.

La falsa fatturazione in Emilia-Romagna è un business che sembra non avere fine e confini. I grandi esperti delle FOI e delle truffe carosello sono gli uomini della ‘ndrangheta indagati e condannati in Aemilia, ma in contemporanea e dopo quel processo l’utilizzo di società cartiere, prestanome, fatture false, non è mai cessato. Chi è rimasto libero di operare ha trovato nuovi alleati per frodare il mercato e guadagnare illecitamente. Sapendo che il copyright della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna non consente di operare senza o contro di essa: sarebbe molto rischioso. Lo capisce bene lo scandianese Giancarlo Valli soprannominato “Veleno”, al quale Leonardo Ranati dice al telefono nell’ottobre 2020: “Se al livello uno c’è Aracri, noi siamo leggermente sotto, quindi abbiamo la massima protezione”. L’altro capisce e chiede: “Quindi sei sotto alla ‘ndrangheta?” e Ranati spiega: “C’è una parte di ‘ndrangheta che, diciamo così, ci consente di fare certe operazioni autorizzate da loro”. Valli comunque trema, perché la cosa “Un po’ fa paura, adesso…”

Certamente gli uomini di Minefield non hanno paura di prendersi beffa dello Stato, al quale rubano con la falsa fatturazione ma non solo. Le carte false servono anche per ottenere contributi a fondo perduto come quelli previsti dal “decreto sostegni” del 2021, o gli sgravi d’imposta del “decreto rilancio” del 2020, o le integrazioni salariali del “decreto cura Italia” dello stesso anno. Misure pensate per le imprese sane messe in ginocchio dal Covid, e invece utilizzate dalla organizzazione per mettersi in tasca un gruzzolo ulteriore di 112.100 euro non dovuti. Ciliegina sulla torta, quattro membri dell’organizzazione tra il 2019 e il 2022 hanno presentato false dichiarazioni di disoccupazione all’INPS, ottenendo l’indennità mensile NASPI per un importo complessivo di 57.404 euro. Uno di loro è il capo Samuel Lequoque, che pur dichiarandosi disoccupato ostenta ricchezza e non rinuncia alla bella vita. Tanto che l’altro uomo di vertice Leonardo Ranati scuote la testa e commenta con un affiliato all’organizzazione criminale: “Samuel ci ha questa mania: è in disoccupazione e fa vedere che sboccia. Rolex, Lamborghini, gira con dei macchinoni.. E la moglie che cazzo fa? Lavorava, adesso è disoccupata anche lei. Risulta che prendono la disoccupazione. Che se ci vanno a guardare, uno che dice: io sono uno statale, vado a fare un controllo su di lui e vengo a sapere questo… mi incazzo ancora di più. Guarda che sono prese per il culo queste, eh!!”

Se lo dice lui che comanda l’organizzazione criminale, è legittimo che lo pensi anche chi lavora o chi perde il lavoro onestamente.

 

 

 

Paolo Bonacini 

 

powered by social2s